Nella meditazione Vipassana, grande importanza è data all’immobilità del corpo. Ma perchè è così rilevante? 

Nel Dhammapada, Buddha espone le QUATTRO NOBILI VERITA’.

La vita è dolore, il dolore ha una causa, la causa è conoscibile.

Conoscendo la causa del dolore, lo possiamo eliminare e l’Ottuplice Sentiero è il metodo che Buddha ci ha consegnato per raggiungere lo scopo.

Partiamo dal fatto che tutto è dolore (prima Nobile verità).

Non esiste un alternanza di gioia e dolore, ma la vita è tutta dolore perché anche le esperienze apparentemente piacevoli – essendo impermanenti – ci deludono, generando altro dolore. Quindi la verità sulla sofferenza è che la nascita e sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza, fare ciò che non ci piace, essere separati da ciò che si ama, non ottenere ciò che si desidera è sofferenza.

Potrebbe apparire che il nostro dolore sia compensato dal piacere, ma in realtà è dolore anche il piacere stesso: il desiderio di vivere, la passione, l’ambizione, la sete di piacere, la sete di esistere, la sete di potere sono la radice stessa del dolore. Il dispiacere scaturisce dal piacere dei sensi, non appena viene rimosso l’oggetto del desiderio sensuale; dalla gioia viene il dispiacere, il timore.

Chi è libero dalla gioia, non prova più dispiacere. Chi è libero dall’amore, non prova più pena. Non solo il piacere è il preludio al dolore, ma è il dolore in se stesso, perché la gioia dipende da un piacere esterno a noi stessi e la verità è che non può essere afferrata e non dura più di un momento.”

La meditazione come mezzo per scoprire la causa del dolore

La meditazione è la via verso la consapevolezza della reale natura delle cose: consente, infatti, di andare a scoprire la causa del dolore per poterlo eliminare.

Ma per fare tutto ciò, è necessario avvicinarsi al dolore, al disagio, al disturbo con occhi completamente nuovi.

Avvicinarsi è facile: la vita è dolore! Lo troviamo ovunque: basta mettere attenzione cosciente alla nostra vita.

Ma noi siamo distratti e, soprattutto, quando siamo davanti al dolore, non lo ascoltiamo, non andiamo in profondità, lo rifuggiamo perché abbiamo PAURA!

La paura del dolore ci impedisce di ascoltarlo e ci tiene nel dolore, perché se lo fuggiamo, non lo conosciamo e non possiamo eliminarlo.

Il dolore è lo strumento stesso del processo meditativo. Come diceva il mio insegnante, il Rev. Gotatuwe Sumanaloka Thero: “Se non c’è dolore, non c’è meditazione!”

E quale modo migliore per trovare il dolore, se non sedersi un’oretta a gambe incrociate, in perfetta immobilità, nella posizione del loto???

Quindi, attenzione consapevole (Satipattana), al corpo, a tutti i fastidi e i disturbi che insorgono nella meditazione (e, dopo qualche decina di minuti sono davvero parecchi!), in completa immobilità, andando a guardare il dolore, anzichè evitarlo, come faremmo normalmente.

La mente ci dirà di muoverci, perché abbiamo paura e vorremmo scappare, ma Chi medita sa che, nel silenzio e nell’immobilità del corpo, la pace viene a cercarci.

L'equilibrio è un istante, non un obiettivo
Perchè fai yoga?

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